4 THE NOBLE TRUTH 'OF BUDDHISM
Accurate, before the next reading, for those unfamiliar with this philosophy that the word dukkha means "suffering", "dissatisfaction".
The first noble truth is dukkha
Life as we know it normally necessarily includes a certain amount of unpleasant experiences, including illness, physical pain and discomfort psychology are the most obvious examples. Even in the most economically advanced society, anxiety, physical and mental tension, lack of motivation or a feeling of inadequacy are common factors of existential suffering.
Add to that the limited and precarious state of pleasant experiences, for example, you can experience dukkha due to the loss of a loved one, or the disappointment inflicted upon us by a friend. We realize, too, that in the long run is not possible to alleviate these unpleasant feelings through our usual strategies, such as the search for gratification, or the most successful of a new report. This is because the source of dukkha is a need for nature interiore.
E' una sorta di nostalgia, un desiderio profondo di comprensione, di pace e di armonia. La natura in ultima analisi interiore o spirituale di questo bisogno rende inefficaci i tentativi di appagarlo aggiungendo alla nostra vita oggetti piacevoli. Finché sussiste la motivazione a ricercare l'appagamento in ciò che è transitorio e vulnerabile - e basta un minimo di introspezione per accorgerci di quanto siano vulnerabili il nostro corpo e i nostri sentimenti - saremo soggetti alla sofferenza della delusione e della perdita.
"Essere uniti a ciò che non piace è dukkha, essere separati da ciò che piace è dukkha, non ottenere ciò che si desidera è dukkha. In breve, le attività abituali e automatiche del corpo e della mente sono dukkha."
La seconda nobile verità: dukkha ha un'origine.
L'intuizione del Buddha fu capire che questa motivazione distorta è in sostanza l'origine dell'insoddisfazione esistenziale. E perché? Perché continuando a cercare la felicità in ciò che è transitorio, perdiamo quello che la vita potrebbe offrirci se fossimo più attenti e più ricettivi spiritualmente. Mancando di attingere, per ignoranza, al nostro potenziale spirituale, ci lasciamo guidare da sensazioni e stati d'animo. Quando però la consapevolezza ci rivela che si tratta di un'abitudine, non della nostra vera natura, ci rendiamo conto che il cambiamento è possibile.
La terza nobile verità: dukkha può avere fine.
Una volta compresa la seconda verità, la terza ne discende naturalmente, se siamo capaci di "lasciar andare" le nostre abitudini egocentriche consce e inconsce. Quando smettiamo di reagire aggressivamente o di metterci sulla difensiva, quando rispondiamo alla vita liberi da pregiudizi o idee fisse, la mente ritrova la sua naturale armonia interna. Le abitudini e le opinioni per cui la vita appare ostile o inadeguata vengono intercettate e disattivate.
La quarta nobile verità: c'è una via per mettere fine a dukkha.
Si tratta di principi generali in base a cui si può vivere la vita attimo per attimo in una prospettiva spirituale. Non è can "let go" if not through the cultivation of our spiritual nature. Under a proper practice, however, the mind begins to reveal its natural inclination to Nibbana. Look no further than the wisdom to recognize that there is a way, and that there are tools to achieve it. Traditionally, the route is described as the "Noble Eightfold Path." The symbol of the wheel, so common Buddhist iconography is a representation of the eightfold path, in which each factor supports and is supported by all others. The Buddhist practice is to cultivate these factors, namely: right understanding, right intention, right speech, right action, right livelihood, retto sforzo, retta attenzione e retta concentrazione.
Sono definiti "retti" in quanto implicano uno stile di vita che è in accordo con la virtù, la meditazione e la saggezza, piuttosto che prendere le mosse da una posizione egocentrica. Dunque è una via che è "retta" in relazione tanto agli altri che a se stessi.
"Chi ha comprensione e saggezza non concepisce di arrecare danno a se stesso o a un altro, o di arrecare danno a entrambi. Piuttosto, egli è intento al proprio bene, al bene dell'altro, al bene di entrambi, al bene del mondo intero."
tratto da:santacittarama.altervista.org